L'adolescenza può essere definita come quel periodo di vita compreso tra la fanciullezza e l'età adulta nel quale si presentano tanti cambiamenti sia fisici che psicologici, tra cui una forte predisposizione al confronto e alle prime esperienze affettive.

Dal punto di vista cognitivo i pensieri diventano astratti: l'adolescente comincia a pensare in base a dati ipotetici, come ad esempio cosa vorrebbe fare da grande.

Tutti questi cambiamenti hanno ripercussioni nel rapporto tra genitori e figli: infatti l'adolescente ha voglia di essere indipendente dai genitori perché sente di non essere più un bambino e desidera mettersi in pratica nelle sue relazioni esterne e con il gruppo dei pari. In casa cerca di stabilire volontariamente, a esclusione delle relazioni, cambiamento di ruolo che cerca di affermare di poco a settimana.

Nel confronto con i genitori sente di non essere più capito e il rapporto diventa ambivalente, assai meno, infatti, da una fase di esplorazione dell'esterno e poi si centro in famiglia ad esempio il figlio chiede autonomia e poi magari la sera si siede sul divano e cerca la coccola dei genitori; questo accade perché è importante per il figlio sentirsi protetto e al sicuro.

L'adolescente sente dentro di sé il bisogno di rispondere a due principi: Da dove vengo? (che richiama al proprio senso di appartenenza familiare) e Chi sono? (che rispecchia la costruzione della relazioni esterne).

Il gruppo dei pari è importante perché aiuta a definire come persona in quanto all'interno si condividono quei rituali, stili di abbigliamento, valori e credenze che contribuiscono alla costruzione di una personalità salda.

Come già si evince da queste poche righe, l'adolescenza è un periodo di vita complesso sia per i ragazzi che per i genitori e spesso sono proprio questi ultimi che si ritrovano di fronte a disastri comunicativi davvero per la relazione con i figli che in realtà si vorrebbero salvaguardare.

Infatti, come sosteneva Oscar Wilde, "È con le migliori intenzioni che si producono gli effetti peggiori".

Vediamo allora quali sono gli errori di comunicazione da evitare:

  • Utilizzare l'ironia quando notiamo fragilità vulnerabili con noi su confronto alla pari, producendo una sensazione di squalificazione
  • Parlare al posto loro quando vengono interpellati: un altro modo per squalificarli
  • Pensare di sapere meglio di loro ciò che provano e sentono
  • Predicare, iniziando con la classica frase "ai miei tempi..." Piuttosto possiamo mostrare loro dei punti di vista differenti e di conseguenza ampliare il loro quadro di possibilità
  • "È lascia facile" che nasconde il messaggio indiretto del "da sola non sarai in grado"
  • Comportarci con loro per cui subito dopo che avremmo potuto fare di più

Tutti questi messaggi producono un'unica percezione nel giovane: la sensazione di incapacità. L'intervento dei genitori resta importante anche durante questa fase ma è necessario che la modalità d'intervento cambi, osservando da lontano e intervenendo solo se necessario. Riuscire a bloccare la tendenza ad aiutare e rassicurare continuamente restituisce fiducia al ragazzo.

Se da una parte l'educazione per genitori a punizione con funzione sia, si può provare con il responsabilizzarli rispetto alle scelte che fanno. Le regole restano importanti ma applicate in maniera più flessibile. Come per ogni tipo di apprendimento, sperimentare da semplice, va via sempre più complessa. Questo ci direbbe anche la possibilità di uscire sempre di più dalla propria zona di comfort e sperimentare il proprio successo.

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